Una primavera ricca d’orchidee

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Orchis Italica (Foto di I.Belli)

Lungo le banchine delle strade provinciali, i sentieri, i percorsi sterrati e persino nel mio giardino, le infiorescenze, ora minute e delicate, ora esuberanti ed evidenti, delle orchidee selvatiche impreziosiscono il nostro territorio con i loro colori e la loro bellezza durante la primavera.
Quest’anno, infatti, grazie al continuo alternarsi di pioggia e sole, la loro presenza sarà particolarmente abbondante. Il lento procedere del camminare, ma anche una guida prudente permettono di notare questo piccolo miracolo della natura.
Nel mese di marzo inizieranno a spuntare le prime piante del genere Ophris, seguite dalle Orchis, poi dalle Dactylorhiza e dalle Serapias.
Un’antica credenza popolare sosteneva che i tuberi di alcune specie avessero proprietà afrodisiache per la loro somiglianza con gli organi sessuali maschili, così erano cercate per essere sradicate e consumate previa cottura, oggi questi rari fiori sono protetti e perciò è vietata la raccolta, ma possiamo portarne con noi il ricordo fotografandoli. Ciò, che rende questi organismi vegetali tanto particolari, è la loro riproduzione; essa può avvenire in due modi.
Nelle orchidee, che hanno le radici ingrossate, una serve per la crescita della pianta, l’altra accumula sostanze nutritive per permettere una nuova fioritura l’anno successivo, ma in questo caso sarebbe più appropriato parlare di conservazione, perché non c’è l’interscambio genetico, che invece si verifica con il metodo più complesso dell’impollinazione per mezzo degli insetti.

Orchis purpurea (Foto di I.Belli)

Molti sono, infatti, i sistemi utilizzati da queste piante per attirarli, alcune si servono del nettare, altre applicano delle vere e proprie strategie per confonderli ed illuderli. Esse sfruttano la somiglianza del labello con certe specie d’imenotteri e rilasciano dei feromoni dello stesso odore di quello delle femmine, in questo modo i maschi si posano sul fiore tentando in vano l’accoppiamento, mentre il polline si attacca al loro capo.
Ma l’inganno non finisce qui: non soddisfatti, svolazzano su un altro fiore portando a termine la fecondazione. Esistono, inoltre, delle Orchidaceae che hanno una possibilità in più: l’autoimpollinazione, anche se è assai rara e difficile. A questo punto può sembrare che la propagazione sia frequente ed abbia la stessa possibilità di successo delle altre piante, in realtà non è così, infatti, l’elemento determinante è il caso.
Una volta avvenuta la fecondazione, l’ovario si gonfia fino ad aprirsi per far cadere i semi, ma essi sono molto piccoli e contengono poche sostanze di riserva, perciò non sono in grado di germinare. La nascita di una nuova orchidea si ha solo dall’incontro di un seme con un particolare fungo ipogeo, appartenente al genere Rhizoctonia. Si crea fra questi due organismi un rapporto di simbiosi, per cui l’embrione in via di sviluppo assorbe acqua e sali minerali dal fungo, che a sua volta sfrutta la capacità dell’ospite di realizzare la fotosintesi clorofilliana. Questo procedimento, però, è molto lento, infatti, dal momento della germinazione alla nascita di una nuova pianta passano degli anni. Ecco perché la riproduzione delle orchidee è considerata la più specializzata del regno vegetale e perché è così importante rispettarle e tutelarle.
Contributo per Maremmans di Irene