Simone Cristicchi Narra l'Amiata

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Negli ultimi giorni di agosto ad Arcidosso ho incontrato Simone Cristicchi, ideatore e direttore artistico di “Narrastorie”. Simone – vorrei chiamarlo solo per nome, come si fa con i cari amici – mi ha trasmesso molta semplicità e disponibilità.
Per questo mi farebbe piacere raccontarvi quello che mi ha confidato a proposito del suo rapporto con il Monte Amiata, con i suoi luoghi e con i suoi personaggi.
 
«La prima volta arrivai sul Monte Amiata, circa vent’anni fa, perché avevo la fidanzata di Santa Fiora. Poi passarono gli anni e ricapitai a Santa Fiora che già era il 2008-2009, grazie all’indicazione del mio amico Antonio Pascuzzo circa il Coro dei Minatori di Santa Fiora. Con loro poi abbiamo fatto “Canti di miniere, vino, amore e anarchia”, un lavoro teatrale che abbiamo portato in giro per due anni con più di 80 repliche in tutta Italia.
Dopodiché è nata la passione per questo territorio, in particolare per la figura di David Lazzarettidalla cui vita, Simone ha tratto lo spettacolo teatrale “Il Secondo Figlio di Dio”–.
David Lazzaretti lo scoprii quando trovai un libro in una bancarella di libri usati. Poi, quattro anni fa visitai per la prima volta il Monte Labbro e proprio lì sentii crescere la curiosità e la voglia di approfondire.
Il Monte Labbro è un luogo dove si avverte “una magia”: sia un fascino naturalistico-paesaggistico, ma anche un qualcosa di più profondo. C’è un’energia particolare, in particolare nella grotta dove poi David Lazzaretti fece l’altare. Tanto che in quella grotta lì, quando fu ritrovata casualmente mentre costruivano la torre, ci trovarono la sepoltura di un cavaliere. Quindi probabilmente era un luogo già frequentato e sacro anche agli Etruschi.
 
Se raccontassi il Monte Amiata a un mio amico che non ne ha mai sentito parlare, innanzitutto gli direi dell’atmosfera che si vive in questi paesi; la presenza di queste vestigia antiche, di questi antichi castelli, i monasteri, gli eremi… e poi della parte naturalistica… ma soprattutto della tradizione che resiste.
Mentre nelle metropoli stiamo facendo del nostro meglio per distruggerci la vita, nei paesi ancora si resiste, ancora c’è questa fiamma accesa della leggenda, della tradizione, del voler mantenere viva un’identità e una cura anche delle radici.
Quindi gli racconterei l’atmosfera che si può respirare a cena insieme al Coro dei Minatori di Santa Fiora: un qualcosa di molto antico, quasi ancestrale: questa voglia di stare insieme e di cantare insieme semplicemente per il solo gusto di farlo. Ho ritrovato questa verità in queste zone, questa convivialità, l’essenzialità, la semplicità delle persone e anche molto affetto nei miei confronti.
 
Se poi questo mio amico volesse venire a fare un salto quassù, gli farei fare un percorso che sicuramente comincia dal Monte Labbro, perché di quello sono innamorato, e chiunque ho portato su poi si è innamorato. E il Monte Labbro è un luogo unico, a mio avviso unico in tutta Europa. Poi gli farei vedere Arcidosso, la rocca bellissima e i due musei – quello dedicato a David Lazzaretti e il MACO (Museo di Arte e Cultura Orientale) – per poi spostarci a Santa Fiora, alla Peschiera… per poi andare a Sant’Antimo, meraviglioso… alla Pieve di Lamula… però in realtà dovunque vai alla fine ci son meraviglie…
Lo poterei anche alla Vetta dell’Amiata: stamattina sono andato su e mi son fatto una bella passeggiata.
 
Ah, poi gli farei assaggiare la polenta di castagne innanzitutto, con la ricotta magari!
I tortelli, l’acquacotta… questi sapori antichi…
E anche il vino… per esempio il Montecucco, il Morellino di Scansano, il Nobile di Montepulciano…»
 
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Per ringraziare e per lasciare un bel ricordo a Simone, alla fine del suo racconto gli ho regalato una copia di “Maremmans a tavola”. Simone lo ha apprezzato molto e chissà se grazie alla Gina scoprirà nuovi sapori antichi che ancora non conosce.
 
 
di Valentina Bianco