I grani antichi della Maremma

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Non so se abbiate letto l’articolo di Carlo Petrini, uscito su Repubblica mercoledì 18 dicembre, “Lasciamo che i contadini siano padroni dei semi”. E’ un articolo che mi trova pienamente d’accordo.
 
Faccio parte di un’associazione che riproduce semi di grani antichi, che non si possono vendere per la risemina, ma vanno consegnati al custode dei semi. Noi riproduciamo fondamentalmente grani.
 
L’idea di ridurre il numero delle varietà da coltivare per uniformarle e stabilizzarle è assurda perché non tiene conto delle tradizioni locali, dei diversi sapori, e tantomeno dell’importanza e del ruolo in natura della biodiversità.

La raccolta a mano (Foto Rita Marzano)

 

Nei primi del ‘900 Nazareno Strampelli ed altri selezionarono numerosi tipi di grano. Avere tante varietà è necessario per avere frumenti diversi, con una buona produttività e resistenza, adatti a zone e terreni diversi.
 
L’ottica dei giorni nostri è invece quella di praticare interventi sul terreno per adattarlo al grano da seminare, con un considerevole impatto sull’ambiente.

Cordello di spighe raccolte a mano ( Foto Rita Marzano)

La presunta necessità di seminare i grani “moderni” deriverebbe dall’essere questi più adatti a grandi produzioni che soddisfino il crescente bisogno mondiale di cibo. Se la crescente necessità di cibo deve essere soddisfatta acquistando anziché producendo il grano, il ragionamento ha la sua logica.
 
Ma le vecchie varietà, sebbene meno produttive, sono fertili e consentono di riseminare parte della produzione. Questo aspetto, insieme all’eliminazione dei trattamenti, mi pare renda meno costoso soddisfare la fame nel mondo.

Mietitrebbia in azione (Foto Rita Marzano)

Quantità a parte, ho letto un interessante lavoro dell’Università di Firenze, in collaborazione con l’Agenzia regionale per l’Alimentazione, l’Ospedale Careggi e la Fondazione Don Gnocchi sugli effetti del consumo di una vecchia varietà di frumento italiano, sulle variabili lipidiche, infiammatorie ed emoreologiche.

 
Il contenuto di proteinetotali, polifenoli e flavonoidi, così come quello dei minerali essenziali per l’alimentazione umana, in questa varietà è superiore a quello delle attuali farine. Il glutine è invece molto più basso.

Varietà antica di grano (Foto Rita Marzano)

 

Nel periodo di studio, si sono registrati significativi decrementi del colesterolo totale e di quello LDL, un miglioramento nei profili lipidici, infiammatori ed emoreologici, con effetti positivi sulle malattie arterosclerotiche ed importanti nella prevenzione di disturbi cronici (malattie neoplastiche e cardiovascolari) e del diabete.
 
Alle considerazioni ecologiche, sanitarie ed economiche va aggiunto il grande piacere di assaporare i prodotti di questi grani e sentirne il profumo.

Mulino a pietra (Foto Rita Marzano)

Sono grani da macinare a pietra e panificare con pasta acida, con un lungo tempo di lievitazione. La perfezione si ha impastando a mano e cuocendo nel forno a legna. Il risultato di tutto questo è ben diverso e molto più gratificante: pagnotte un pò scure, con un sapore e un profumo particolari e decisamente piacevoli.

 
Per tutti questi motivi, sono fiera ed entusiasta di partecipare a un progetto di riproduzione di grani, a parer mio, preziosi.
 
Contributo di Rita Marzano