Gli antichi mestieri della Maremma Toscana

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Si sente uno scalpiccio di zoccoli: il somaro con il suo bastio carico di ogni cosa, cammina lentamente sulle lastre delle vie del borgo.  Se il carico è troppo grosso ci vuole il barrocciaio, che trasporta per conto terzi, con il suo carro a due ruote, le merci di stagione, l’acqua, la legna e tutto quel che serve.

Anche le donne trasportano nel loro piccolo, carichi minori; quando sulla testa, le ceste di bucato e le brocche dell’acqua e quando invece nel “capisteio”, il pane da portare a cuocere al forno del paese.
Lo fanno di mestiere. Dietro compenso, lavano i panni ai pozzi o portano l’acqua nelle brocche alle famiglie più ricche del borgo.
Trebbiatura nell’aia (Foto Antonella Santucci)
Per le “vie del dentro”, tanti piccoli botteghini: quello che vende il latte fresco appena munto da mettere nella bottiglia portata da casa, quello degli alimentari,  dove si possono comprare pasta sfusa incartata nella carta gialla, quello del macellaio dove una volta a settimana si compra un pò di carne per fare il sugo della domenica.
 
Dietro la curva, su per la salita, il barlettaio costruisce e accomoda le barlette, contenitori in legno per vino e acqua.
 
La materassaia non ha invece una sede fissa: si sposta di casa in casa a fare materassi e coltroni con la lana delle pecore fornita dal commissionante.
 
Ogni tanto passano per le vie del paese il cenciaio,  l’arrotinoe l’ombrellaio;  il primo ritira gli stracci vecchi, il secondo arrota i coltelli consumati dall’uso e il terzo accomoda gli ombrelli, portando con sé una sacca piena di stecche, manici e tela nera.
 
A novembre e dicembre, si ammazza il maiale e per ridurlo in salsicce, prosciutti, capicolli, mazzafegati e zie per farlo si chiama il norcino, a casa.
 
Lo scalpellino scolpisce da un pezzo di pietra serena della cava, una soglia per la porta o la finestra.
 
Naturalmente non manca la magliaia, la ricamatrice, il maniscalco, il falegname, il fabbro, lo stagnino, chi intreccia panieri, ceste, basti, canestri e corbelli e riveste le sedie.
Un graticcio dei tempi moderni (Foto Claudia Lubrani)
Alle porte del paese il mugnaiomacina, nel proprio mulino, il grano per il fabbisogno familiare di tutto l’anno. Il frantoiano macina invece le olive nel tradizionale frantoio a molazze in pietra mosse dal bue o dall’asino.
 
Nei boschi fuori del paese il segantino e il carbonaiosi apprestano, nel periodo adatto, l’uno al taglio della legna e l’altro alla trasformazione del legno in carbone.
Chi abita lontano costruisce una capanna di frasche per sé e per la sua famiglia che li ospiterà per tutta la durata del lavoro, con una “rapazzola” per letto per ogni componente, giovane o vecchio che sia.
 
Naturalmente c’è chi fa tutti i lavori che necessitano in agricoltura: chi miete, chi fa i balzi, chi i covoni, chi innesta, chi raccoglie, chi come il buttero, doma e fa la guardia alle mandrie.
Butteri e vacche maremmane oggi (Foto Giuseppina Detti)
Ogni borgo, anche il più piccolo, aveva tutti i suoi mestieranti e i suoi artigiani.
Ogni borgo era autosufficiente a soddisfare le esigenze dei suoi abitanti.
 
Questa la fotografia raccontata degli antichi mestieri di Maremma.
Fanno parte della nostra storia e della nostra cultura.

 

Nelle feste paesane maremmane, che riportano al passato e al Medioevo, si ricreano spesso queste scene di vita quotidiana dell’epoca e i banchetti-laboratorio degli antichi mestieri,  per non perdere la memoria di ciò che siamo stati e per ricreare l’atmosfera della Maremma che fu.
Contributo di Giuseppina per Maremmans