Due personaggi a confronto, il Re della Maremma e il Cristo dell’Amiata

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Teniamo conto delle seguenti caratteristiche: povertà nera, analfabetismo, fame, isolamento culturale, arretratezza tecnologica, malattie incurabili, ottusità politica, assenza di diritti, violenza. Periodo: il momento storico di transizione tra le guerre di Indipendenza e l’ Unità d’Italia. Luogo: Amiata e Maremma.
Con queste premesse è raro che un personaggio possa emergere e ottenere notorietà nazionale su libri e giornali, varcando in qualche modo il confine locale.
Eppure, in questo marasma, in balia di pessime condizioni economico-sociali, ben due sono i personaggi che segnano la Storia del nostro territorio a fine Ottocento. Essi operano in modo totalmente diverso ma pur sempre eccezionale: nel loro destino qualcosa che li accomuna, l’essere fuori dalla regola, il sorpassare i canoni dei loro contemporanei, lo sconvolgere l’ordine, l’essere processati.

 
 
 
Ritratto D. Lazzeretti (Foto Centro Studi Lazzaretti di Arcidosso)
Ritratto D. Tiburzi (Foto Museo del brigantaggio di Cellere)
 
 
David Lazzaretti profeta disarmato, Cristo in seconda venuta, riformatore sociale, vede la luce ad Arcidosso (GR) nel 1834.
 
Domenico Tiburzi, fucile in spalla, scannatore di essere umani e anche di somari, brigante e livellatore, nasce a Cellere (VT) nel 1836.
 
Due epopee che si possono narrare parallelamente con brevi flashback. Immaginiamoci l’uno in preghiera sulle falde brulle del Monte Labbro e l’altro ad affilare il coltello, nascosto in una grotta nel fitto dei boschi di Farnese o di Montauto.
Monte Labbro (Foto Marianna Febbi)
Selva del Lamone (Foto Marianna Febbi)
 

Del primo sono intriganti le visioni, a parlare del secondo è la leggenda.
Lazzaretti cresce in una famiglia di barrocciai, antico mestiere di chi portava il carretto: il suo lavoro fin da bambino era quello di trasportare la Terra di Sienadal paese natale alle grandi città. Anche Tiburzi porta avanti la professione paterna, diventando fin da piccolo pastore e buttero.
 
Tutto scorre tra osterie, strade, campi, matrimoni, figli e tanta miseria. Fino a che un evento eclatante cambia le loro esistenze e rivela le loro personalità: per Lazzaretti questo accadimento arriva nel 1868 con una visione divina che lo porta a vivere come eremita, predicando e arrivando ad incontrare Papa Pio IX; viaggia fino in Francia, istituisce il Giurisdavismo una religione con echi di socialismo mistico ed utopistico, vista di cattivo occhio sia dal Regno che dal papato.
 
Tiburzi nel 1867 invece compie il primo di una lunga serie di omicidi: raccoglie le spighe a terra in un campo del marchese Guglielmi e uccide il guardiano per non pagare una multa di 20 lire. Si nasconde nella macchia, viene arrestato, evade rocambolescamente con due compari dalle terribili saline di Civitavecchia. Rimane latitante per oltre trent’anni dominando il territorio con la sua rete criminale ed istituendo la famosa Tassa sul Brigantaggio: nel curriculum di sangue della sua banda omicidi, incendi, sequestri e grassazioni (=estorsioni a mano armata).
 
Da qui in poi tante sono le gesta dei due personaggi, che tante fonti possono raccontare esaustivamente: teniamo presente che mentre uno va avanti nel nome della fede e del mutuo soccorso, l’altro procede comunque sulla via del delitto e della vendetta. Due reazioni diverse allo stesso secolo di oppressione.

Uccisione D. Lazzeretti (Foto Centro Studi Lazzaretti di Arcidosso)
Uccisione D. Tiburzi (Foto Museo del brigantaggio di Cellere)

 

Perdono la vita entrambi per mano dei Regi Carabinieri: Lazzaretti venne però ucciso molto prima, forse perché le sue parole erano state più destabilizzanti per l’ordine sociale del braccio armato di Tiburzi. 

 

Nel 1878 David, proclamatosi “Cristo Duce e Giudice” a capo di una processione pacifica, scende dalla monte Labbro con al fianco la comunità di contadini suoi seguaci. Arrivati ad Arcidosso trovano una pattuglia di Carabinieri. Puntano i fucili.

Nel 1896 Tiburzi cena in casa di amici manutengoli(protettori) presso un casale delle Forane a Capalbio. Sente il latrare dei cani fuori, è notte, è vecchio e appesantito: apre la porta e si trova davanti lo schieramento militare dell’ufficiale Giacheri.

Come sappiamo in entrambi i casi il colpo parte e i nostri perdono la vita.

Anche dopo la morte i destini dei due ribelli presentano un altro punto di contatto: il prof. Lombroso (1835-1909), medico e fondatore dell’antropologia criminale, volle esaminare i crani di entrambi per ricercare nella fossetta occipitale interna il “verme” della loro follia, l’essenza della loro delinquenza (oggi queste teorie scientifiche sono del tutto superate). Il responso dell’analisi fu che i caratteri fisiognomici del brigante rivelavano una persona onesta e più intelligente della norma; Lazzaretti venne classificato come un mattoide, un povero pazzo.

 

Se volete conoscere a fondo il carisma di questi personaggi il primo consiglio è di visitare i tre musei a loro dedicati per iniziare un percorso di approfondimento:

http://www.museounito.it/lombroso/

http://www.museobrigantaggiocellere.it/

http://www.centrostudilazzaretti.it/

Contributo di Marianna Febbi per Maremmans