L’anomalia geochimica che ha portato la Maremma ad essere terra di estrazione mineraria ha contribuito a determinarne il paesaggio.
L’attività mineraria ha interessato l’intero territorio della provincia di Grosseto con la presenza di varie e diversificate mineralizzazioni, da quelle a pirite (solfuro di ferro) e solfuri misti a Montieri, Massa Marittima, Isola del Giglio, Gavorrano e Monte Argentario a quelle ad antimonio nel mancianese, dall’allume presente a Monterotondo M.mo, Accesa e Isola del Giglio ai giacimenti di cinabro (solfuro di mercurio) sull’Amiata e a Scansano, e di lignite a Ribolla.
Ma l’anomalia riguarda anche gli aspetti geotermici, riscontrabili nella presenza di acque termali, fumarole, soffioni ed impianti di produzione di elettricità da energia geotermica (Montieri, Monterotondo, S. Fiora).
Campese – Isola del Giglio: Traliccio della teleferica
Lo sfruttamento minerario, avvenuto a partire dal periodo eneolitico e conclusosi con la chiusura della miniera di Campiano alla metà degli anni ’90, ha influito sugli assetti socio-economici del territorio, sull’urbanizzazione, sulla gestione del territorio, sugli aspetti idrici, superficiali e profondi, e le tracce della pregressa attività mineraria connotano ancora oggi il paesaggio: impianti industriali, presenza sparsa di manufatti di epoche diverse, discariche di sterili, bacini di fanghi …, ed anche il paesaggio sotterraneo (gallerie, pozzi minerari, acquiferi).
I colori: l’aspetto immediatamente percepibile del paesaggio minerario è dato dai colori del suolo o per affioramenti di filoni metalliferi o a causa di anomalie geotermiche o per affioramenti di acque contaminate da metalli.
Serpieri – Montieri: mineralizzazioni superficiali
A sinistra: Le Biancane-Monterotondo M.mo. A destra: Botro Rosso – Montieri
I bacini e le discariche minerarie: La lavorazione del minerale produceva rifiuti, in particolare sterili (materiale lapideo con contenuto in metalli non economicamente sfruttabile) e fanghi derivanti dal processo di arricchimento del minerale. Gli sterili sono stati allocati in apposite discariche mentre per i fanghi furono realizzati grandi bacini di decantazione. I quantitativi di rifiuto prodotto erano talmente elevati che discariche di sterili e, soprattutto, bacini dei fanghi vennero ad occupare estensioni molto importanti (a Fenice Capanne la discarica mineraria si estende per 6 Ha mentre i bacini di decantazione occupano una superficie di 12 Ha) tanto da costituire cicatrici profonde del territorio, come visibile dalle foto aeree tratte da Google, oltre che potenziali sorgenti di contaminazione ambientale.
Tra i siti maggiormente estesi, oltre il già citato sito di Fenice Capanne, sono da citare il bacino di S. Giovanni (Gavorrano), i bacini e le discariche di Niccioleta (Massa M.ma) e quelli di Tafone (Manciano).
Niccioleta – Massa Marittima (GR)
Fenice Capanne, Massa Marittima (GR)
Le Roste: L’area delle Roste, posta lungo il fiume Merse e visibile dalla strada che collega Massa Marittima con Siena, raccoglie i resti delle lavorazioni del
rame a partire dalla fine del XIX secolo. Il minerale di rame, estratto nella vicina Miniera delle Merse, veniva trasportato su vagoni, accatastato in cumuli e arrostito all’aperto (roste). Al di là dei dettagli del processo di produzione del rame, sul sito sono rimasti cumuli di minerale arrostito, che tecnicamente vanno a costituire un rifiuto; ma al tempo stesso oggi Le Roste sono un emblema dell’attività mineraria in Maremma e rappresentano un aspetto assolutamente identitario del paesaggio delle Colline Metallifere.
Le Roste – Montieri (GR)
Pozzi, castelli e impianti: Con la cessazione dell’attività mineraria molte strutture sono state smantellate (in particolare i macchinari) o demolite – grida ancora vendetta la demolizione dei silos di Pozzo Rostan realizzata negli anni ’90; l’istituzione del Parco Nazionale Tecnologico e Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane e del Parco Museo delle Miniere dell’Amiata ha posto all’attenzione la necessità di coniugare gli interventi di
bonifica con l’esigenza – storica e culturale – di salvaguardare la
memoria del territorio.
Pozzo Rostan (Massa M.ma): silos
Fra le strutture recuperate o in via di recupero da segnalare la laveria e gli impianti della
miniera Ravi Marchi (Gavorrano), l’area
ex ILVA di Follonica con la realizzazione del museo M.A.G.M.A., il
Pozzo Roma (Gavorrano), le
miniere del Siele e del Morone a Castell’Azzara.
Galleria
Pozzo Roma, Gavorrano (GR)
I villaggi operai: Attorno alle miniere si sono sviluppati insediamenti abitativi per i minatori, con presenza di edifici di maggior pregio adibiti ad uffici o all’abitazione del Direttore. Le strutture dei villaggi minerari sono ben riscontrabili in particolare a La Pesta e alle Capanne (Massa M.ma), a Ribolla (Roccastrada), a Filare e Ravi (Gavorrano).
Miniera Ravi Marchi – Gavorrano (GR)
Miniera del Siele, Castell’Azzara (GR)
Oggi il paesaggio minerario in Maremma è ancora in gran parte da valorizzare ma potrà costituire un importante
polo culturale e di attrazione turistica del territorio.
Purtroppo, non so se la scarsa lungimiranza degli amministratori (locali e non), la prevalenza di visioni di campanile o difficoltà burocratiche hanno negato una gestione unitaria del patrimonio esistente, con la istituzione di due parchi separati (Amiata e Colline Metallifere), quando la costituzione di un unico ente (che magari andava dall’Elba al Giglio, passando per l’Amiata e le colline del tufo) poteva garantire una
varietà di geositi e di paesaggi, una
ricchezza di memoria storica e culturale, uno strumento unitario di gestione sostenibile del territorio scarsamente riscontrabili in altre parti del mondo.
Testo di Nino Costa;
Foto: N. Costa e D. Giannerini.