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Nonna Rosina nacque in Casentino nell’ultimo quarto dell’800; penso fosse di famiglia agiata perché, nonostante donna, i suoi genitori la mandarono a scuola: ma solo fino alla terza elementare perché, dopo, le classi diventavano miste! A 17 anni sposò nonno Ghigo (Federigo, ma per me è sempre stato Ghigo):

Nonna, ma tu e nonno Ghigo, dove siete andati in viaggio di nozze?”. “Io? In viaggio di nozze con uno che non conoscevo….?!” .
 

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La bisnonna a filare sull’uscio di casa (La Concia, anni ’20)


 
Nel 1906 nacque Giovanni, il mio babbo, e la famiglia si trasferì in Maremma dove nacquero altri due figli. Visse da giovane madre con 3 figli da seguire la Grande Guerra:

Avevamo in affitto il podere a Roselle ed io avevo l’incombenza della casa e dei figli: non m’occupavo d’altro, io. Ma quando venne la guerra e tutti gli uomini partirono, anche nonno Ghigo, mi ritrovai da sola a mandare avanti la casa e l’azienda”

Io ho sempre pensato che quel momento, per lei così drammatico, abbia fatto emergere la sua parte autoritaria: da allora, anche dopo il ritorno di nonno Ghigo, non ha mai smesso di comandare, fino a quando, ormai quasi centenaria, decise che era l’ora di andarsene.

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La famiglia Amadori alla Concia (intorno al 1927)


Era una donna forte, mano di ferro in guanto di velluto, ma è stata il mio riferimento; assieme alla zia Lilia, la seconda figlia della Rosina. Forte anch’essa, seppure in altro modo, non autoritaria ma risoluta: anche lei scolarizzata, tra gli anni 20 e 30 arrivò quasi al diploma magistrale, salvo ritirarsi l’ultimo anno per ripicca verso una sua insegnante che l’aveva minacciata di bocciatura:

Signorina Amadori, io mi divertirò a bocciarla”, “E io mi divertirò a non venire più a scuola….”.

A quel punto si dedicò all’azienda di famiglia, spesso in rotta di collisione con la sua mamma; sul trattore era un asso, vinse anche gare di gimcana con trattori a livello nazionale, in casa era l’unica che faceva l’orto e con gli animali era imbattibile.
Nella impalpabile presenza dei miei genitori, quelle due donne hanno segnato la mia vita: nonna mi ha insegnato le regole, a rispettare la natura e a riconoscere le piante selvatiche, zia Lilia mi ha trasmesso il rispetto per gli animali e il piacere di fare l’orto per casa.

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Zia Lilia ragazza alla Concia


Da donna matura – e figlia unica – ho proseguito nella gestione dell’azienda di famiglia ed ho sviluppato la passione per le erbe spontanee e acquisito competenze nel loro riconoscimento; oggi le Erbacce sono entrate nella cultura culinaria della mia famiglia e tutti i piatti tipici della tradizione maremmana a casa nostra sono declinati nella versione con erbe di campo: l’acquacotta, i tortelli, la zuppa di pane, gli ‘gnudi….
Ma il piatto della festa per me rimangono i tortelli di patate, spia delle origine casentinesi della famiglia!
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di Serenella Amadori